Un giovane, fu fermato dalle forze dell’ordine mentre viaggiava in moto durante un controllo serale. Durante la perquisizione, vennero trovati in suo possesso alcune dosi di marijuana e hashish, oltre a una somma di denaro di circa 60 euro suddivisa in banconote di piccolo taglio. In seguito al fermo,venne accusato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e di violazione delle prescrizioni dell’avviso orale. Il Tribunale, basandosi sulle prove raccolte durante l’istruttoria, lo condannò a otto mesi di reclusione e a una multa di 1.500 euro, disponendo anche la confisca della droga trovata.
Redigemmo l’appello, sostenendo che la quantità di droga trovata era compatibile con l’uso personale e che la somma di denaro trovata non poteva automaticamente essere considerata provento di attività di spaccio. Inoltre, l’avvocato sottolineò che l’avviso orale emesso dal Questore non poteva legittimamente vietare il possesso di un cellulare, in quanto tale misura doveva essere disposta esclusivamente dall’Autorità Giudiziaria.
Durante il processo d’appello, riuscimmo a dimostrare che M.G. era un consumatore abituale di sostanze stupefacenti, nonché che la somma di denaro in suo possesso non era sufficiente a provare un’attività di spaccio. Inoltre, richiamando una recente sentenza della Corte Costituzionale, l’avvocato sostenne l’illegittimità del provvedimento amministrativo che vietava il possesso del cellulare, in quanto adottato senza la necessaria autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria. Il Tribunale ha accolto le argomentazioni della difesa, assolvendo M.G. per entrambi i capi d’accusa. La Corte ritenne che non vi fossero sufficienti prove per dimostrare l’intento di spacciare la droga e annullò la condanna per la violazione dell’avviso orale, dichiarando illegittimo il divieto imposto. Inoltre, la Corte dispose la restituzione del denaro sequestrato e la distruzione della sostanza stupefacente.